E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore un decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero del Turismo e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, su “Modalità e requisiti per l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea che svolgono un’attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto” (vedi allegato)
Si disciplinano così quegli ingressi di “nomadi digitali e lavoratori da remoto”, che il Testo Unico dell’Immigrazione (Dlgs. 286/1998, art.27, comma 1, lettera q bis) già pone al di fuori delle quote del decreto flussi. In entrambi i casi di tratta di lavoratori altamente qualificati che operano a distanza grazie alla tecnologia, ma sono definiti “nomadi digitali” i lavoratori autonomi, “lavoratori da remoto” i subordinati e i collaboratori.
Il decreto definisce i requisiti per il rilascio del visto e del permesso di soggiorno, relativi a reddito, assicurazione sanitaria, disponibilità di un alloggio, esperienza pregressa e, per i lavoratori da remoto, alla presenza di un contratto o di un’offerta vincolante. Una volta in Italia, questi lavoratori avranno un permesso di soggiorno con la dicitura «nomade digitale – lavoratore da remoto», della durata massima di un anno, ma rinnovabile, e potranno anche chiedere il ricongiungimento familiare.
Infine, il decreto disciplina le modalità per la verifica del rispetto delle disposizioni contributive e fiscali. Se non ci sono accordi bilaterali di sicurezza sociale con il Paese di Origine, varrà la disciplina previdenziale e assicurativa italiana. Ai nomadi digitali e ai lavoratori da remoto sarà rilasciato il codice fiscale insieme al permesso di soggiorno. I nomadi digitali dovranno aprire anche la partita iva.