Nel corso dell’anno diverse giornate internazionali sono dedicate a celebrare i migranti e le loro famiglie, i rifugiati e coloro che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni finanche azioni di contrasto al razzismo e alla xenofobia. Giornate che dovrebbero celebrare dei successi nell’ambito dei diritti umani, tese a promuovere la conoscenza dell’altro e a sensibilizzare le generazioni più giovani su quanto la storia ci mostra e non a titolo commemorativo ma a memoria e monito di quegli obiettivi che la società civile si deve dare per raggiungere la vera uguaglianza nei diritti di ogni popolo. Il 20 giugno è stata la giornata Mondiale del Rifugiato.
Un giorno che, come Anolf volevamo onorare portando alla luce storie positive e di corretta integrazione programmando iniziative. eventi culturali. dibattiti e manifestazioni culturali sui tanti territori italiani per ricordare a tutti che a livello mondiale, 114 milioni di persone sono costrette a lasciare la propria terra per aver garantito il diritto alla vita.
“I popoli in fuga dalle persecuzioni, dalle guerre, dallo sfruttamento e dalla fame , secondo – Maria Ilena Rocha, Presidente Nazionale ANOLF – devono essere considerati una risorsa per la nostra società che accoglie; dobbiamo essere in grado di offrire loro una possibilità di emancipazione, libertà e speranza”.
Proprio nei giorni antecedenti alla ricorrenza, la mancata applicazione di norme di sicurezza sui luoghi di lavoro e l’omissione di soccorso hanno determinato lo spegnersi della speranza di una vita per un giovane uomo di origine indiana abbandonato per strada senza soccorsi, con un braccio amputato da un incidente sul lavoro avvenuto nelle campagne dell’agro pontino. Una morte che fa calare il sipario su un progetto di vita perseguito tra mille difficoltà. La fatica di lasciare la propria terra e la propria famiglia per raggiungere l’Italia, la difficoltà di rendersi burocraticamente regolare sul territorio, la fatica di un lavoro fisico durissimo, spesso sottopagato e alla mercé di caporali senza scrupoli.
Ecco, tutto questo insieme di cause, che da anni sono note a tutti, dal 2016 quando si varò la “legge per il contrasto al Caporalato, dall’obsolescenza della programmazione dei flussi migratori, dalla paura umana che persiste più forte dei sentimenti di empatia e solidarietà che dovrebbero contraddistinguerci come esseri umani, hanno contributo a mietere l’ennesima vittima.
“Crediamo come Anolf che l’immigrazione sia una sfida epocale e siamo convinti che come tale debba essere governata. Ci vuole responsabilità, da parte di tutti, della società, delle istituzioni, dei datori di lavoro per rendere concreto il concetto che il lavoro è strumento di libertà e di vita, non di sfruttamento e di morte” anche in onore di SATNAM.